H. Lélia Demoisy
Lélia Demoisy usa materiali naturali per illustrare il nostro rapporto con il mondo vivente e sviluppa un universo poeticamente singolare che si rifletterà nella Asineria.
“Come individui sperimentiamo una sorta di incertezza su come vivere la nostra relazione con gli esseri viventi, siano essi animali o vegetali.”
Tutta l’opera di Lélia Demoisy tende a sottolineare il nostro legame corporeo con la materia come un fatto fondamentale del nostro rapporto con il mondo vivente. Consiste nel creare esperienze da vivere grazie alla presenza di sculture o installazioni fatte con materiali del mondo vivente come il legno, la pelle, i denti, o anche alberi quasi interi.
Attraverso la trasformazione e le associazioni, le nostre aspettative messe in contrasto ci porteranno fisicamente a “discutere” con il quasi-vivente di questi pezzi. Il punto è riconquistare la sensazione che abbiamo quando entriamo in una sorta di intimità con le cose della natura, quando l’esperienza è diretta, spontanea e corporea. Questa sensazione è un’esperienza che si vive necessariamente da soli, al di fuori della nostra sfera sociale, poiché non richiede una trascrizione orale.
I materiali del mondo vivente, che si tratti di un dente o di un albero intero, hanno maggiori probabilità di entrare in risonanza con i nostri corpi per mimetismo e richiamano ricordi indicibili delle nostre esperienze in natura. Questa lettura istintiva soddisferà le nostre aspettative preconcette di ciò che questi materiali dovrebbero essere e di come dovrebbero essere disposti nella nostra abituale comprensione del mondo. Alla maniera delle chimere, la mescolanza di materiali giunge a turbare queste certezze. Si influenzano a vicenda, si scambiano le caratteristiche e si ridefiniscono in modo singolare. Barando con il mondo vivente, un tronco di cedro può allora diventare un mucchio di pietre, i rami di tuia diventare una gabbia toracica e l’acciaio apparire ancora più vivo del legno.
I pezzi non possono essere rappresentativi, ma devono essere quelle cose quasi vive che, attraverso l’ibridazione, si collocano in una scomoda posizione intermedia. Da tali associazioni e trasferimenti tra materiali, emerge una riflessione sulle somiglianze tra i regni. Architetture-tipo appaiono e rivelano somiglianze strutturali in tutto ciò che vive.
DATI BIOGRAFICI
Lélia Demoisy vive e lavora nel dipartimento francese delle Yvelines.
Si laurea all’École nationale supérieure des Arts Décoratifs di Parigi nel 2015 con una specializzazione in scenografia, ma decide poi di dedicarsi alle arti visive dopo aver ricevuto la borsa “Jeune Talent” dalla Fondazione Mécène & Loire nel 2016.
Nel 2014 scrive una tesi sull’idea di fusione con la natura e vi aggiunge il racconto di un’esperienza di immersione in solitaria vissuta in prima persona in una foresta canadese in pieno inverno. Questa ricerca avrà un effetto profondo su di lei e rappresenterà il fil rouge di tutto il suo lavoro come artista visiva.
Prediligendo i supporti della scultura e dell’installazione, ricreando esperienze da vivere, Lélia Demoisy cerca di studiare il nostro rapporto con la natura e con il mondo vivente in quanto individui. Tutta la sua opera tende a sottolineare il nostro legame corporeo con la materia come un fatto fondamentale del nostro rapporto con il mondo vivente.
Influenzata dalla sua storia familiare legata all’Africa (Senegal, Kenya, Madagascar...), ma anche dai suoi viaggi, viene accolta in residenza presso la Tribu de Trueno in Patagonia (Argentina) nel 2019 e inizia un lavoro di ricerca sul disegno con inchiostro di china e sulla serigrafia.
Espone da By Lara Sedbon per mostre collettive o fiere come DDessin, o prossimamente AKAA.
Le piace particolarmente creare installazioni all’aperto che contribuiscono a riconsiderare la natura circostante al pari di un popolamento di esseri viventi, come l’installazione luminosa Intimité, che ha esposto per la prima volta al Parco della Brunetterie di Orgeval nel 2020 e che ha adattato per gli alberi del Parco della Villette a Parigi nell’estate del 2021, così come al Castello di La Motte Tilly sotto la curatela di Valérie Arconati per la Notte Europea dei Musei (2021).
Collabora anche con architetti del paesaggio per lavorare direttamente a contatto con il mondo vivente su installazioni per Chaumont-sur-Loire (Premio speciale della giuria, 2015), Lausanne Jardins (2019) o Annecy Paysages (2021).